L’esperienza professionale in ambito sportivo mi ha fatto scoprire un mondo con potenzialità immense ma con una visione piuttosto ristretta quando si parla di marketing.
Di recente sono stata in una delle due strutture del Rugby Vicenza, una Società alla quale sono particolarmente affezionata per una infinità di motivi.
Era il giorno in cui riprendevano le attività dopo la pausa estiva, un bel po’ di persone presenti e tanto fermento. Immediatamente, alla fine del vialetto di ingresso, sono stata colpita dal campo da gioco sulla mia sinistra; una distesa verde, un verde brillante, erba perfetta, un enorme spazio illuminato dal sole delle 18,30 di fine agosto. Non era la prima volta che lo vedevo eppure ero emozionata come quando osservo un tramonto o un mare azzurrissimo, in solitudine ma circondata da persone che parlavano amabilmente.
Insomma, l’esperienza che mi aveva emozionata era generata dall’ambiente più che dal gioco, che peraltro mi diverte moltissimo. Complici senz’altro la mia sensibilità ed il mio romanticismo ma sono certa che moltissime altre persone apprezzerebbero l’esperienza pur non essendo appassionate di rugby. E non va dimenticato cosa ci sta dietro la cura di quel campo, la sua perfezione è frutto del lavoro di volontari, persone che amano il rugby ma anche la piccola/grande comunità che si è creata.
La cosa strana è che per tutte quelle persone quanto ho descritto è, con ogni probabilità, scontato, ovvio. Ci si concentra sull’attività sportiva perdendo di vista la moltitudine di contenuti che questo mondo offre, molto altro oltre il gioco.
Parlo di rugby ma vale per qualunque altra disciplina sportiva, soprattutto quando si tratta di cosiddetti sport minori gestiti da Società che faticano moltissimo per trovare le risorse economiche necessarie a sopravvivere.
Forse dando più valore al campo che alla palla si potrebbero coinvolgere tutti quei sostenitori più sensibili a “tutto il resto” piuttosto che allo sport fine a sé stesso.